Impossibilità del legame?
Quale destino o quale malattia - ci si può (o ci si deve?) domandare - è quella per cui oggi diffusamente gli affetti non sembrano capaci di generare legami (contraddicendo mortalmente la propria intrinseca relazionalità e quindi sporgendosi verso la propria autodistruzione) oppure i legami una volta generati tendono a diventare insopportabili, fino all’implosione o alla deflagrazione?
Uno spesso velo ideologico cerca di normalizzare tutto ciò, rappresentando questi processi come forme (pur costose) di una raggiunta libertà. Ma è difficile negare l’evidenza di una sofferenza diffusa e di una frustrazione ripetuta da parte di vite senza fisionomia affettiva definita, senza progettualità in crescita, senza fecondità generazionale. In breve, senza storia. Sembra prevalere, nell’effettività biografica dei singoli e nell’immaginario collettivo l’episodicità affettiva come regola e l’assenza della “storia d’amore”. D’altra parte, la situazione è inquieta, anche in forme curiosamente contraddittorie, come avviene tutte le volte che -- si vedano i diffusi talk-show televisivi sull’argomento -- si pratica e si teorizza la più sbrigliata libertà affettiva (cioè la spontaneità narcisistica) e poi si imbastiscono risentiti processi moralistici contro l’egoismo, la volubilità, il tradimento nelle relazioni di coppia.
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