29 mag 2008

HANDEM- The Unforgiven (Metallica)

Original text

New blood joins this earth
and quikly he's subdued
through constant pain disgrace
the young boy learns their rules
With time the child draws in
this whipping boy done wrong
deprived of all his thoughts
the young man struggles on and on
he's known
a vow unto his own
that never from this day
his will they'll take away

What I've felt
what I've known
never shined through in what I've shown
never be
never see
won't see what might have been
what I've felt,
what I've known
never shined through in what I've shown
never free
never me
so I dub thee unforgiven
They dedicate their lives
to running all of his
he tries to please them all
this bitter man he is
throughout his life
the same he's battled
constantly this fight he cannot win
a tired man they see
no longer cares the old man
then prepares to die regretfully
that old man here is me
What I've felt
what I've known
….. (Instrumental)
What I've felt
what I've known …..
never free never me
so I dub thee unforgiven

You labeled me
I'll label you
so I dub the unforgiven (x2)


Italian Translation
Sangue fresco raggiunge questa Terra
E in breve è sottomesso
Attraverso la costante e gravosa disgrazia
Il ragazzino impara le loro regole
Col tempo il bambino è assorbito
Capro espiatorio di torti altrui
Privato di tutti i suoi pensieri
Il giovane continua a lottare,è risaputo

Un giuramento a se stesso
Che mai d'ora in poi
Gli porteranno via la sua volontà

Quello che ho provato Quello che ho conosciuto
Non è mai brillato in quello che ho mostrato
Non lo è mai stato
Non si è mai visto

Non saprai mai ciò che avrebbe potuto essere
Quello che ho provato, quello che ho conosciuto
Non è mai brillato in quello che ho mostrato
Mai stato libero
Mai stato me stesso

Quindi ti ho definito l'imperdonato

Dedicano le loro vite
A occuparsi della sua
Lui tenta di compiacerli tutti
L'uomo amareggiato che è
Per tutta la sua vita sempre lo stesso
Ha costantemente combattuto
Questa battaglia che non può vincere
Lo considerano un uomo stanco cui non importa più
Il vecchio che si prepara
A morire pieno di rimpianti
Quel vecchio sono io
Quello che ho provato
Quello che ho conosciuto
…..
(Instrumental)
Quello che ho provato Quello che ho conosciuto
…..
Mai stato libero
Mai stato me stesso

Quindi ti ho definito l'imperdonato
Mi hai etichettato
E io ti etichetterò
Quindi ti ho definito l'imperdonato (x2)

COMMENT
Il pezzo costituisce una delle famose ballate dei Metallica che per il resto della loro produzione si esprimono prevalentemente attraverso altri generi di rock. Quella narrata è la storia di un ragazzo (New blood) che cresce cercando di stare all’altezza delle aspettative degli altri: essere ad immagine e somiglianza di quelli che mi “vogliono bene”, non far loro dispiacere, accontentarli tutti (he tries to please them all). Non coglie che libero e felice lo sarà solo se agisce personalmente e responsabilmente, e si sente costretto a stare al loro gioco (the young boy learns their rules). Allora fa un patto con se stesso (volontà) e si tiene dentro (incomunicabilità) la verità su sé stesso: Quello che ho provato/ Quello che ho conosciuto/ Non è mai brillato in quello che ho mostrato/ Non lo è mai stato/ Non si è mai visto / Non saprai mai ciò che avrebbe potuto essere/

Questo meccanismo di difesa però lo porta ad un agire non-libero e quindi a ridursi, col passare del tempo, ad essere un vecchio e cadente: quell’uomo sono io. Questo non me lo perdonerò mai: mi hanno “ridotto” in questo stato e allora visto che mi hanno etichettato Unforgiven (= l’imperdonato) allora anch’io li etichetterò: non li perdonerò mai. Viene dipinto con tinte di rara efficacia il rapporto Intimità-Libertà-relazionalità. Questo nesso quando stravolto e non rispettato porta ai conflitti più profondi. L’ascoltatore trarrà molte altre considerazioni ascoltando il brano più volte.

Il ragazzo, continuamente sottoposto ad un implicito ricatto emotivo, è deprived of all his thoughts (privato di tutti i suoi pensieri) e ricorda il protagonista – Pink – di The Wall. Anche lì il giovane è strapazzato da regole, formalismi e professori intransigenti e martellanti. L’assente padre e la mamma iperaffettiva completano l’opera e fanno del ragazzo un fantoccio represso pieno di dubbi ed incertezze. E’ il rischio di ogni formatore: una persona è un essere delicatissimo e, a volte, i suoi peggiori problemi possono venire dalle sue migliori qualità se incontra persone rozze che ne “manomettono” il meccanismo – per intenderci – che lo dovrebbe portare invece all’autorealizzazione.

Vero formatore è colui che crea personalità originali capaci di dare risposte inedite. Non basta una grande e volenterosa dedizione (dedicano le loro vite/ a occuparsi della sua): ci vuole un amore forte e disinteressato, capace di gioire del fatto che chi si è formato cammini per sentieri nuovi e “imprevisti” dal genitore/maestro/formatore. E’ urgente per le nuove generazioni trovare simili aiuti. E’ urgente per il mondo che si formino uomini liberi. D’altronde è difficile che un padre non si proietti nel figlio o che una madre non lo riempia dei suoi timori. Questi difetti si compensano ed il loro effetto viene annullato solo in una famiglia equilibrata dove ognuno è presente e sa fare il suo ruolo con spirito di sacrificio e visione d’insieme. Gran parte poi spetta agli amici e a tutto il resto dell’ambito affettivo, importantissimo nel far giungere a piena maturazione la personalità nascente.

Il ritornello What I've felt/ what I've known / never shined through in what I've shown ricorda il posto dentro te in cui fa freddo / è il posto in cui nessuno è entrato mai di Quella che non sei. L’ennesimo richiamo allo sviluppo della intimità costitutiva, scrigno della libertà dell’individuo, che nei giovani va stimolata e che è la sorgente della creatività e dell’originalità delle risposte personali che non possono essere date da altri. Ognuno è insostituibile nella scelta del proprio stile di vita ed è un grave errore demandare ad altri queste scelte, recriminando poi che non ce le hanno fatte fare. In un certo senso, siamo genitori delle nostre vite ( Gregorio di Nissa).

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